mercoledì 29 ottobre 2014

Il ponte di Bassindingo

La pioggia a Niaogho è una benedizione, non c’è che dire, ma ha anche un risvolto negativo: porta all’isolamento alcune zone.
Ieri mattina ho preso la bici per andare a salutare gli amici di Bassindingo, ma mi sono dovuta fermare ben prima. Le tante piogge della scorsa estate, hanno isolato il villaggio.
I bambini si divertono in acqua, mostrandomi la loro abilità di tuffatori, mentre una processione ininterrotta di donne attraversa in fila indiana il letto del fiume, con i loro carichi di legna o attrezzi per il lavoro.
Chiedo notizie ad un simpatico signore del ponte che il Comune ha recentemente costruito proprio per permettere agli abitanti di potersi spostare anche durante questi mesi. I toni si fanno accesi… “Guarda Barbara, è quello laggiù (mi indica un piccolo promontorio in mezzo all’acqua)!! I lavori non sono stati fatti bene: è sempre così qui! Avrebbero dovuto aggiungere terra e cemento, per alzare il livello della strada. Ora possiamo attraversare l’acqua semplicemente sollevando i pantaloni e mettendoci in spalla le biciclette, ma ad agosto il limite dell’acqua era là (mi mostra un punto a 100 mt da noi), ed era impossibile attraversare senza la piroga. Immagina tu: i malati, le donne che devono partorire!!! La piroga non è molto sicura, talvolta si rovescia. Si aggiungono sofferenze a sofferenze…”.
Mi dice che la strada rimarrà impraticabile fino a circa fine gennaio, e che questa è l’unica via percorribile per raggiungere Bassindingo.




domenica 26 ottobre 2014

Il vecchio saggio

Il baobab sprigiona forza, imponenza, senso di eternità e imperturbabilità.
Le sue radici sono come grosse dita infilate nella terra, quasi a volerla afferrare e stringere in un pugno, per non lasciarla andare.
La sua corteccia liscia e spessa come la pelle d’ebano. Al tatto non si colgono asperità: è un albero che non ha bisogno di proteggersi con spine o schegge.
Si da completamente, tutto.
Viene spontaneo abbracciarlo, anche se le tue braccia non arriveranno mai a cingerlo completamente: nel farlo, è come se tentassi di afferrare la storia intera dell’uomo ed insieme la sua essenza, ma - appunto - arduo comprenderla interamente.
La brousse dopo Sondogo (Sondré in lingua bissa) è costellata di baobab, che quasi vegliano sul rispetto dei tempi e dei ritmi del mondo che li circonda. I grossi rami, quasi tronchi, carichi di foglie e frutti, a testimonianza della benevolenza di Madre Gaia, che quest’anno ha benedetto queste terre e gli abitanti con abbondanti piogge.
 È tempo di raccolta delle arachidi, ed i campi sono popolati da intere famiglie (ma per lo più donne) intente nel lavoro a schiena china, sotto il sole insolitamente energico di questi giorni.
Parcheggio la mia bici all’ombra di un albero di karité, e mi fermo ad osservare: da una parte la caducità della vita, la fatica quotidiana, la stretta dipendenza dai regali di Madre Natura; dall’altra la fissità, la memoria, la saggezza.

È come un vecchio saggio il baobab.




lunedì 9 dicembre 2013

Gli arresti di Niarba

A metà dell’ottobre scorso si diffonde la notizia che nel villaggio di Niarba sono state arrestate cinque donne per mutilazioni genitali. La sesta, colei che esegue materialmente la pratica, riesce a perdersi nella brousse protetta dalle altre donne. Fra le arrestate, tre giovani e due anziane, che avevano chiamato la officiante da Ouagadougou per ‘purificare’ rispettivamente le figlie e le nipoti. Vado a Niarba per un incontro con l’associazione di donne, e - dopo molte chiacchiere e dopo essermi fermata per la notte - entro delicatamente nell’argomento. Il clima improvvisamente cambia. Appaiono sorrisi imbarazzati a fior di labbra, sguardi che si incrociano. Interviene la presidente dell’associazione. “Noi speriamo che vengano liberate.” Ripiomba il silenzio, dissonante rispetto al vociare dei minuti precedenti. “Sappiamo che non è una cosa buona. È una straniera che è venuta qui per farlo… perché noi lo sappiamo che non è una cosa buona.” Calata la notte, seduta in terra nella corte con alcuni uomini sotto la luce della luna e delle stelle, e con numerosi pipistrelli che sembrano felici della ritrovata frescura (a Niarba fa davvero freddo la notte!!), riprendo il discorso. “Noi non sapevamo nulla… sono cose private delle donne, e sono loro a decidere e organizzare tutto a nostra insaputa, perché sanno bene che se lo scoprissimo, correrebbero seri rischi.” E ancora: “Noi sappiamo che è una pratica illegale. Non sappiamo perché continuino a farlo.” Non mi convincono… Tornata a Niaogho, vengo a sapere che è l’insegnante della scuola elementare ad avere denunciato, addirittura chiamando la gendarmeria col cellulare davanti alla popolazione. “È un folle: se fosse stato fra i mossi (l’etnia dominante in Burkina Faso, Niaogho è nella regione bissa), a quest’ora sarebbe stato già morto!! L’avrebbero ucciso dopo due minuti! Ma siamo bissa, quindi l’hanno solo trasferito in città (Niaogho Centre, n.d.a.)”. Il Burkina Faso sanziona le MGF penalmente dal 1997, ed attualmente esiste un numero verde “Lotta contro l’escissione”, anonimo, proprio per tutelare l’incolumità di chi decide di denunciare. Gli infermieri di Niaogho mi dicono che pressoché la totalità delle donne che partoriscono hanno subito le mutilazioni genitali, in particolare asportazione del clitoride ed in alcuni casi anche delle piccole labbra. Mi soffermo un po’ con l’infermiera donna, che scuotendo il capo rassegnata mi dice “Non capisco perché le donne continuino a farsi questo!”. Sono davvero le donne a decidere e a perpetrare questa pratica. Una pratica che le priva totalmente del desiderio sessuale e di qualsiasi sensibilità locale, oltre a esporle a gravi pericoli durante il parto. “Essendoci non più tessuto elastico, ma una cicatrice, la dilatazione non avviene, dobbiamo intervenire noi tagliando e ricucendo dopo il parto, perché le donne lo pretendono”. Spesso, nei parti non assistiti nelle strutture sanitarie, ma che avvengono per esempio in brousse, l’incisione che viene fatta è troppo profonda e si arriva ad incidere anche il capo del nascituro. Qui in Burkina Faso, o meglio qui a Niaogho, le escissioni vengono eseguite perché si pensa che così la donna sarà più fedele al marito e non avrà voglia di cercare altri uomini, evitando così anche di contrarre malattie. Altre etnie burkinabé, ritengono invece che se al momento del parto il bambino venisse a contatto col clitoride, morirebbe o comunque contrarrebbe una grave malattia. E così le bambine vengono mutilate a 5/6 anni al massimo. Una donna mi confessa “Una volta sono tornata nel mio villaggio: le donne si stavano organizzando per chiamare una di anziana che pratica l’escissione, e volevano prendere anche mia figlia piccola. Io le ho minacciate: ho detto loro che facciano ciò che vogliono, ma che non si azzardino a toccare mia figlia o non avranno più pace!”. Le chiedo come mai non abbia denunciato o non abbia colto l’occasione per sensibilizzarle. “Oramai ci ho rinunciato! Tutte le volte in cui ci ho provato, spiegando loro che corrono grossi rischi per la salute etc, mi hanno risposto che non è vero nulla, perché anche le loro madri e le madri delle loro madri e così via hanno subito le escissioni, e non hanno mai avuto problemi, ma anzi sono state maggiormente rispettate dagli uomini. Mi crederesti se ti dicessi che ci sono donne che si oppongono alla scolarizzazione delle ragazze?! Dicono che se poi una ragazza passa i 17 anni senza sposarsi, è finita: nessuno più la vorrà. È tutto molto complicato qui.”

martedì 5 novembre 2013

Le cento persone

Anche in Burkina Faso la disoccupazione è divenuta una piaga sociale. Giovani e meno giovani, uomini e donne, lamentano una cronica mancanza di lavoro, e il governo burkinabé ha deciso di correre ai ripari: dal primo giorno di ottobre ciascun comune ha assunto 100 giovani che si occuperanno di pulizia di uffici e strade. Si tratta di 50 uomini fino a 40 anni e 50 donne fino a 45 anni, che presteranno la loro opera almeno 21 giorni al mese, 5 ore al giorno, con un compenso di 35mila CFA/mese (circa 53 €), per tre mesi. Per ciò che riguarda Niaogho, 100 persone per un comune che complessivamente, fra tutti e 8 i villaggi, conta circa 21.800 abitanti, ma l’équipe si occuperà principalmente dei due villaggi più popolosi, Niaogho Centre e Tengsoba, che insieme hanno circa 12mila abitanti. È quasi un mese che la ‘truppa’ lavora: si dovrebbe iniziare alle 7 del mattino e terminare alle 12. “Dovrebbe” poiché prima si va tutti in Comune per l’appello, dopodiché, chi ne ha voglia verso le 8 inizia a spostarsi verso il luogo scelto per il lavoro quotidiano. Alle 9 circa si inizia, con i bambini sulla schiena o attaccati al seno. Alle 10: pausa!!! Si ricomincia alle 11. Molti degli assunti dopo l’appello se ne vanno a casa, o nei propri campi a lavorare, o al CSPS per la campagna vaccinazione contro la poliomelite: almeno 4 ragazzi dei 100 sono infatti stati scelti come agenti della campagna contro la polio. Ormai un mese e… sembra tutto esattamente come prima. La sala riunioni del Comune è piena di materiale accatastato: carriole, guanti, secchi, stivali, scope, zappe, stracci da pavimento, rastrelli… insomma, tutto il necessario per liberare e fare tornare a respirare quelle porzioni di terreno divenute ormai discariche a cielo aperto. “Lo stato ci ha donato tutto il necessario” - mi dicono in Comune - “ma il materiale è incompleto… sembra manchino 20 paia di guanti… quindi attendiamo che arrivino per procedere alla distribuzione”. Due settimane fa nella sala riunioni del Comune si è tenuto un incontro informativo rispetto all’utilizzo e alla gestione delle pompe per l’acqua diffuse sul territorio. Le chiamano Formazioni e gli invitati (consiglieri, delegati etc) ricevono un compenso per la presenza, in questo caso 5mila CFA ciascuno (circa 7,60 €). I Formatori, inviati dal governo, sono venuti da Tenkodogo, capoluogo di Regione, a circa 50 km da Niaogho. Nella mattinata è prevista pausa caffè alle 11 circa durante la quale vengono serviti caffè o tè e biscotti, ed il pranzo alle 13/13e30, con riso e bibita. I Formatori sono giunti con un fuoristrada. Alle 11 un secondo fuoristrada è arrivato - sempre da Tenkodogo - col necessario per la pausa caffè, per poi rientrare in capoluogo e tornare qui col riso e le bevande per il pranzo. Perché a Niaogho evidentemente non ci sono chioschi. E neppure bibite.

mercoledì 16 ottobre 2013

La stagione secca 'fuori stagione'

La pioggia è arrivata. Improvvisa e impetuosa come lo sono tutti gli elementi naturali qui: nulla comunica dolcezza e grazia, ma forza, incredibile forza. E con la pioggia torna la speranza: nell’ultimo mese i campi sono restati troppo a lungo senza acqua. Mi dice il responsabile del servizio ambientale che fino a qualche anno fa la stagione delle piogge cominciava a fine maggio: “Non serve andare indietro di decenni, anche solo cinque anni fa. Quest’anno le prime vere piogge sono arrivate a metà luglio. Il cambiamento climatico è concreto.” Sono tornata a Niaogho il 19 settembre. È un nuovo paesaggio quello che mi accoglie: ho lasciato a luglio una terra arida, con i toni predominanti del giallo e dell’ocra, e ora ritrovo una esplosione di verde. Mais, miglio, arachidi accompagnano senza sosta lo sguardo di chi si sposta dalla capitale verso questo lembo di paese. Dico all’immancabile Abas che mi sembra strano questo paesaggio, così diverso dopo soli due mesi di assenza. Ma la sua espressione è preoccupata e mi indica le piante ai bordi della strada: “Vedi?! Non piove, si sta rovinando tutto! Vedi come è basso il miglio?! Non dovrebbe essere così. La pioggia ci ha dimenticati.” Al villaggio la preoccupazione è tanta: tutti mi parlano di questa stagione secca ‘fuori stagione’. “È da quattordici giorni che non piove! Cosa mangeremo i prossimi mesi?! Sarà un problema. Ma Dio è grande e ci aiuterà.” Lo stato ha inviato sacchi di mais da 50 kg che mette in vendita al prezzo ridotto di 6mila CFA (il prezzo di mercato sarebbe 10mila CFA), ma Zedane, che si occupa per conto della prefettura della distribuzione, mi dice che sono pochissime le persone che lo acquistano. “Le persone sperano ancora che la pioggia arrivi abbondante, così da recuperare almeno il salvabile. Lo stato avrebbe dovuto inviarli più avanti, invece, visto che rimane tutto invenduto, fra qualche giorno verranno a ritirarlo. Fra l’altro, anche volendo, i niagholesi ora come ora non hanno soldi per acquistarlo. Inoltre il mais inviato è quasi tutto inutilizzabile”. Vado nel magazzino per vedere coi miei occhi, ed il sorvegliante davanti a me buca con una lama almeno sei sacchi prima di trovarne uno contenente mais ‘buono’: “È tutto guasto” mi dice con aria sconsolata allargando le braccia e portando lo sguardo verso gli innumerevoli sacchi che riempiono fino al soffitto le tre stanze. Ma non c’è rabbia nelle loro parole, non c’è senso di impotenza, non trovo disperazione. Scorgo piuttosto tanta rassegnazione, e ricorso a quel Dio a cui tutti qui affidano la propria vita e che - loro ne sono certi - saprà aiutarli in qualche modo.

venerdì 11 ottobre 2013

La stagione secca 'fuori stagione'

La pioggia è arrivata. Improvvisa e impetuosa come lo sono tutti gli elementi naturali qui: nulla comunica dolcezza e grazia, ma forza, incredibile forza. E con la pioggia torna la speranza: nell’ultimo mese i campi sono restati troppo a lungo senza acqua. Mi dice il responsabile del servizio ambientale che fino a qualche anno fa la stagione delle piogge cominciava a fine maggio: “Non serve andare indietro di decenni, anche solo cinque anni fa. Quest’anno le prime vere piogge sono arrivate a metà luglio. Il cambiamento climatico è concreto.” Sono tornata a Niaogho il 19 settembre. È un nuovo paesaggio quello che mi accoglie: ho lasciato a luglio una terra arida, con i toni predominanti del giallo e dell’ocra, e ora ritrovo una esplosione di verde. Mais, miglio, arachidi accompagnano senza sosta lo sguardo di chi si sposta dalla capitale verso questo lembo di paese. Dico all’immancabile Abas che mi sembra strano questo paesaggio, così diverso dopo soli due mesi di assenza. Ma la sua espressione è preoccupata e mi indica le piante ai bordi della strada: “Vedi?! Non piove, si sta rovinando tutto! Vedi come è basso il miglio?! Non dovrebbe essere così. La pioggia ci ha dimenticati.” Al villaggio la preoccupazione è tanta: tutti mi parlano di questa stagione secca ‘fuori stagione’. “È da quattordici giorni che non piove! Cosa mangeremo i prossimi mesi?! Sarà un problema. Ma Dio è grande e ci aiuterà.” Lo stato ha inviato sacchi di mais da 50 kg che mette in vendita al prezzo ridotto di 6mila CFA (il prezzo di mercato sarebbe 10mila CFA), ma Zedane, che si occupa per conto della prefettura della distribuzione, mi dice che sono pochissime le persone che lo acquistano. “Le persone sperano ancora che la pioggia arrivi abbondante, così da recuperare almeno il salvabile. Lo stato avrebbe dovuto inviarli più avanti, invece, visto che rimane tutto invenduto, fra qualche giorno verranno a ritirarlo. Fra l’altro, anche volendo, i niagholesi ora come ora non hanno soldi per acquistarlo. Inoltre il mais inviato è quasi tutto inutilizzabile”. Vado nel magazzino per vedere coi miei occhi, ed il sorvegliante davanti a me buca con una lama almeno sei sacchi prima di trovarne uno contenente mais ‘buono’: “È tutto guasto” mi dice con aria sconsolata allargando le braccia e portando lo sguardo verso gli innumerevoli sacchi che riempiono fino al soffitto le tre stanze. Ma non c’è rabbia nelle loro parole, non c’è senso di impotenza, non trovo disperazione. Scorgo piuttosto tanta rassegnazione, e ricorso a quel Dio a cui tutti qui affidano la propria vita e che - loro ne sono certi - saprà aiutarli in qualche modo.

venerdì 21 giugno 2013

La magia

Vivere a Niaogho significa anche inevitabilmente lasciarsi stregare ed affascinare dai loro racconti riguardanti le magie, la gri gri (magia nera), gli spiriti degli antenati, i ‘geni’ del fiume o della terra.
E così scopro che è frequente a notte fonda incontrare sul ponte che collega Niaogho a Beguedo ‘la vieille’, la vecchia. Si tratta del ‘genio’ del fiume: nessuno può descriverla dettagliatamente, ma qualcuno l’ha intravista. Non appena i fari della moto la illuminano, lei li spegne per non esserne disturbata. L’importante - mi dicono - è non avere paura e proseguire per la propria strada: non appena passerai il ponte i fari torneranno ad accendersi e potrai tornare a casa tranquillo. Ma se ti fai prendere dal panico, non sai cosa potrebbe succedere. In egual modo potresti incontrare un cane - talvolta nero, talvolta bianco - che attraversa la strada: tu prosegui diritta senza prestargli attenzione.
E poi le magie…
A Niaogho non ci sono furti, o comunque avvengono molto raramente, poiché hanno un metodo infallibile per scovare i responsabili: inviare un fulmine.
Se sei vittima di un furto, puoi rivolgerti ad uno dei vecchi del villaggio, portandogli uno o due polli. Se il vecchio accetterà, farà il sacrificio: nell’arco di 30 minuti la pioggia arriverà e un fulmine colpirà il ladro, deponendo sul suo corpo l’oggetto o gli oggetti sottratti affinché tutti sappiano che è lui il colpevole. Finché il vecchio non avrà fatto sul cadavere i riti liberatori, nessuno potrà toccarlo pena subire la stessa sorte.
Ci sono diverse soluzioni - mi dicono - : lo chef de terre, per esempio, può sortire lo stesso risultato chiamando in aiuto non i fulmini bensì l’acqua del Nakambé.
Ma a parte queste affascinanti tradizioni, con cui si potrebbero davvero riempire pagine e pagine, grande è anche il bagaglio di conoscenze legato all’utilizzo delle piante a scopi terapeutici, la cosidetta medicina tradizionale, che purtroppo si sta perdendo a vantaggio delle case farmaceutiche per lo più indiane e francesi, detentrici del controllo del mercato burkinabé. I vecchi lasciano il corpo e i giovani non sembrano interessati a divenire i depositari delle conoscenze millenarie.
Una vera perdita.
Per tutti.