domenica 13 maggio 2012

Il rientro in Italia

Eccomi qua, dopo... accidenti!!... oltre un mese di silenzio!
Sono tornata in Italia... e gli ultimi 30 giorni mi sono serviti per riabituarmi alla vita qui (sia dal punto di vista climatico, sia per ciò che riguarda l'aspetto 'sociale'), per fare un po' di ordine nella mia testa e nel mio cuore, per fare il trasloco (non ancora concluso), e per riorganizzare quella che sarà la mia nuova vita.
Ebbene sì... l'esperienza in Burkina Faso in realtà non si è conclusa.
I sei mesi trascorsi a Niaogho hanno segnato un inizio, la maturazione di una consapevolezza, e lo sbocciare di una buona dose di testardaggine per realizzare un sogno.
Niaogho e la sua gente li porto nel cuore, nella mente, nella pelle, nella testa... è casa mia, intendendo come casa un luogo non fisico, quanto piuttosto una dimensione del fare e del vivere.
Quello che ho fatto in questi sei mesi e quello che sto facendo ora qui ho capito, e soprattutto SENTITO, essere la mia casa. Forse per questo non sto soffrendo - come tutti mi avevano 'predetto' - per la lontananza.
Questi mesi qui a Cesena saranno una parentesi: tornerò presto in Burkina Faso, già ad ottobre probabilmente.
Non chiudo il blog, vi terrò aggiornati e molto presto vi spiegherò cosa 'bolle in pentola'.
Molti di voi cari amici sono già al corrente, poiché sarete protagonisti di questa 'impresa', ma per tutti gli altri, bhè... fra qualche settimana capirete qualcosina in più.

P.S. Un carissimo saluto a Robert, che dal Senegal mi ha rimproverata per non avere aggiornato il blog. Ecco qua.

giovedì 29 marzo 2012

Le donne del 'gravillon'

Oggi devo parlarvi di grandi donne.
Strano… direte voi… in questo blog non si parla mai di donne!!!
Avete ragione, forse sono un po’ monotematica… ma che volete farci… la tenacia, la forza e la dignità di queste persone mi lasciano senza parole anche dopo 6 mesi di convivenza.
Vorrei poter postare i video che ho fatto… non servirebbero parole… purtroppo la linea non lo permette.
Vi voglio parlare di un gruppo di donne che ogni mattina si sveglia alle 4 (ma qui è normale), per pregare, lavarsi e andare sul luogo di lavoro… che è una collinetta non lontana dal mercato del villaggio. Qui con i loro potenti mezzi (una zappetta dal manico corto corto) scavano tutto il giorno (fino alle 12 c.a. e poi dalle 15 c.a. a quando fa buio) per dissotterrare i sassi levigati utilizzati in edilizia.
Ciascuna di loro ‘possiede’ un’area dalla quale poter prelevare le pietre, che poi verranno suddivise in base alle dimensioni e sistemate in mucchi, venduti poi a chi ne ha bisogno per costruire.
Mi chiedono aiuto… non cose stratosferiche… nella loro semplicità mi chiedono pale, piccozze e griglie per separare più velocemente la sabbia dai sassi (ad eccezione di una, è un lavoro che fanno a mano).
In media per fare una montagnola di discrete dimensioni servono due mesi di lavoro.
Per caricare bene un camion, servono almeno almeno 4 di queste montagne. E il camion se ne va pagando 15mila CFA.
Un sacco di riso da 50 kg costa 20mila CFA, una baguette 150 CFA. Le famiglie sono molto molto numerose (quella di Abas è una ‘mosca bianca’ e sono in 12).
Fate un po’ voi i conti.


lunedì 26 marzo 2012

Le AZDORE burkinabé

Lezione di piadina romagnola in Burkina Faso.
L’avreste mai detto?!
Io no, e soprattutto mai avrei pensato di potere essere io l’insegnante!
Prima di partire per questa avventura, Maurizio Camilletti e Rosella Reali - ultimi tegliai di Montetiffi - mi hanno donato una teglia, chiedendomi esplicitamente di portarla qui in Burkina. Non posso fare altro che ringraziarli: mi hanno dato l’opportunità di vivere un pomeriggio unico!!
Sono andata a casa di Abas a fare la piadina, insieme alle sue due mogli (Fati e Dahanatou), le sue due cognate, e un numero imprecisato di bambini.
Il momento critico è arrivato con l’assaggio: la prima piadina era pronta, e doveva essere subito mangiata poiché avendo utilizzato l’olio in sostituzione dello strutto sarebbe divenuta presto piuttosto dura. Niente paura - dico con Abas - ora contiamo quanti siamo e facciamo piccoli spicchi!!!
Arrivata a 20 mi sono fermata, perché altri bambini stavano arrivando e non c’era modo di tenerli fermi.
Devo dire che la piadina è stata un successo! Soprattutto abbinata alla marmellata di mango fatta un paio di giorni prima.

Due ringraziamenti speciali sono d’obbligo.
A Maurizio e Rosella, persone splendide davvero, per avermi donato la Teglia e per avermi incoraggiata a provare a fare la piadina qui a Niaogho.
Alla ‘cuocaLoretta’, che ha provato lei stessa a Cesena la ricetta della marmellata di mango, per metterla a punto e poi passarmela.
Un grazie di cuore a tutti!





martedì 20 marzo 2012

C'est l'Afrique!

Il rientro in Italia si sta avvicinando velocemente. Già so che lascerò qui un pezzetto di me, ma la voglia di riabbracciare la mia famiglia (e la mia nipotina…. Emma, arrivo!!!) e gli amici più cari comincia ad essere forte.
I lavori al CSPS continuano: ho ben chiaro in testa ciò che voglio terminare prima della partenza, e siamo a buon punto, nonostante la non collaborazione di quella sottospecie di muratore che mi ritrovo fra capo e collo. La Farmacia è costruita, piccolina, ma carina. Dobbiamo mettere tetto (le lamiere sono pronte al cantiere), porte e finestre (che arriveranno questa sera dalla capitale).
Per costruire la cucina del CSPS ho chiamato un altro muratore, verrà da Ouaga e so che farà un ottimo e velocissimo lavoro poiché l’ho già visto in azione.
Insomma… di lavori ne restano, ma sono fiduciosa e con l’aiuto di tutti credo potremo inaugurare entro fine 2012.

La scorsa settimana Abas è andato a Ouaga per ritirare le lamiere che avevo prenotato: 8 fogli di tôl bac da 3,60 m ciascuno (larghezza 80cm circa) e 14 fogli di tôl ordinario.
Chiamo il fornitore il giorno prima e, per scrupolo, anche la mattina stessa: è un po’ scocciato dalla mia insistenza, ma gli spiego che avendo poco tempo per fare tutte le commissioni, è estremamente importante che il materiale (e soprattutto il tôl bac, che deve essere tagliato a misura) sia pronto all’arrivo di Abas. “Ma è tutto pronto già da ieri sera, madame.”
Benissimo.
Abas arriva e… ma và… non si trova il tôl bac.
Io dico: la bottega è composta di due stanze di circa 6m per 5m; le lamiere tagliate sono tutte accatastate su due scansie centrali. E stiamo cercando 8 fogli di lamiera larghi 80 cm e lunghi 3m e 60, non manghi o noci di cajou. Ed erano pronti già la sera prima.
Ma non si trovano.
E non si troveranno.
Per non perdere il taxi brusse che lo riporta al villaggio, Abas discute (e io pure telefonicamente… col mio francese che quando mi infervoro diviene ancor più maccheronico) col responsabile del negozio per avere almeno gli 8 fogli integri (4m di lunghezza invece che 3me60), ovviamente senza sovrapprezzo.

Ieri vado al cantiere per le misurazioni: sto chiedendo il preventivo per fare il muro di cinta agli alloggi degli infermieri, ma dobbiamo decidere come farlo e le dimensioni. Fortunatamente il muratore non era al lavoro: credo avrei commesso un ‘mansonicidio’ (uccisione di muratore).
So che per un CSPS sperduto nella brusse burkinabé l’allineamento degli edifici e l’uniformità delle dimensioni non sono elementi fondamentali… ed è per questo che fino a ieri mi ero imposta di non misurare, anche perché oramai gli alloggi sono costruiti da un anno abbondante… ma PORCA MISERIA!!! Che ce ne sia uno uguale all’altro!!!
Procediamo con la misurazione dei confini del terreno destinato al CSPS: in questo caso ho pensato (ma si deciderà al mio rientro in Italia) di non fare cinta muraria, ma rete. Per poter misurare decentemente occorre trovare prima le borne (sarebbe tutto molto più semplice se chi prese a suo tempo la pianta del bornaggio la ritirasse fuori… ma chi la prese?): dovrebbero essercene 6. Ne vediamo 3. Probabilmente le altre tre sono state sotterrate nel tempo da chi ha coltivato i terreni circostanti… poiché fino a che non metteremo la rete, il terreno del CSPS viene tranquillamente coltivato a miglio/arachidi/mais durante la stagione delle piogge.

Io fumo.
Abas ride.
“C’est l’Afrique!” - mi dice.

sabato 10 marzo 2012

La 'mafia' di Niaogho

Di ritorno dal secondo round di pulizia (molti bambini, ma anche molte donne... evviva!!!), un aggiornamento sull'andamento dei lavori al CSPS.
Sono complessivamente soddisfatta di come stanno avanzando i lavori: abbiamo trovato in capitale fornitori da cui possiamo ordinare materiale di qualità superiore a quello che troviamo al villaggio e a costi nettamente inferiori. Con la cifra che il commerciante di Niaogho mi chiedeva per le lamiere del tetto, abbiamo fatto tetti, porte e finestre (e di buona qualità).
Certo, anche qui l'erba cattiva non muore mai.
Il Commerciante principale di Niaogho ora mi fa la guerra perché acquisto il cemento e tutto il materiale altrove e non più da lui. Su ogni tonne (20 sacchi) di cemento a Beguedo (il villaggio dopo il nostro) risparmiavo 2.500 CFA (4 €), e considerando che acquisto 5 tonnes alla volta, con il denaro risparmiato posso acquistare due cisterne di acqua o mezzo camion di sabbia.
Ma ho scritto 'risparmiavo': sì, perché esiste anche la mafia di Niaogho.
Il commerciante di Beguedo mi ha detto che non può più praticarmi il prezzo su cui avevamo preso accordi poiché il suo collega di Niaogho lo ha minacciato, dicendogli che così facendo gli rovina il mercato.
A noi poco importa, acquistiamo in capitale, ma questa cosa mi fa salire un po' di 'tigna'.
Ad ogni modo, abbiamo messo i tetti, le porte e le finestre agli alloggi, e iniziato i lavori per la farmacia.
E prima del mio rientro costruiremo e termineremo anche la cucina della maternità.
Avanti così!!!

venerdì 9 marzo 2012

8 marzo a Niaogho

L’8 marzo a Niaogho è proprio speciale, e le donne ti viene voglia di abbracciarle tutte, anche se solo per quello che forse potremmo definire ‘spirito di appartenenza’.
Quando sono arrivata pensavo (e forse i miei post precedenti lo dimostrano) che gli uomini qui non rispettassero le donne e non concedessero loro gli spazi meritati. Pensavo fossero una sorta di vittime di questo sistema maschilistico.
Bene.
Ho cambiato idea.
No, no… alle donne qui fa comodo restare nell’ombra e fa comodo non partecipare attivamente alla vita pubblica.
Per l’8 marzo abbiamo organizzato una giornata della salubrità: abbiamo chiamato a raccolta tutte le donne e anche le associazioni di Niaogho (per dimostrare che lo sviluppo del villaggio è possibile solo se uomini e donne si lavora insieme nel rispetto reciproco), con cui ci siamo incontrati diverse volte per mettere a punto le fasi della cerimonia di apertura e i dettagli della raccolta dei rifiuti plastici.
Le coordinatrici delle donne del Comune non hanno fatto ASSOLUTAMENTE nulla, né prima, né dopo, né tantomeno durante.
Altre donne hanno semplicemente preso parte alla cerimonia, per poi ritornarsene bellamente alle proprie faccende.
Io mi sono fatta 3 ore e mezza sotto il caldo sole di mezzodì, circondata da una torva di bambini (che ad un certo punto avrei volentieri cacciato via J), graffiandomi gli avambracci per raccogliere anche i brandelli di sacchetti rimasti impigliati fra le sterpaglie, ricoperta letteralmente di polvere e terra (perché qualcuno ha l’abitudine di sotterrare i sacchetti)… e le coordinatrici delle donne, vestite di tutto punto, si sono messe a ridere quando mi hanno vista accaldata e al lavoro… sedendosi all’ombra a chiacchierare amabilmente.
Ma vaffan….
Ma occorre andare oltre… e continuare a lavorare, e molto anche.
Molte altre donne si sono fatte in quattro insieme a me o in altri punti che avevamo deciso di ripulire, come ad esempio il vecchio CSPS. Ed è a loro che nel mio cuore ho dedicato questo 8 marzo.
Il lavoro da fare è davvero tanto, su tanti fronti.
Le donne hanno bisogno di essere spronate e incoraggiate, devono svegliarsi dal torpore in cui si stanno cullando. Se lasciate sole a parlare delle loro faccende, dopo 20 minuti sono capaci di picchiarsi e prendersi a calci, ma se dobbiamo organizzare qualcosa o parlare dello sviluppo del villaggio, allora no, si chiudono in un ostinato mutismo e non collaborano neppure se le paghi (oddio… forse se le paghi sì… anzi, senza dubbio sì, ma non è educativo).
Il Sindaco stamane mi ha chiamata per felicitarsi con me della riuscita della giornata, ma anche per dirmi “hai visto Barbara? Il vento di oggi ha riportato tanti sacchetti di plastica dove ieri avete pulito. E’ per questo che ti ho detto tante volte che è inutile pulire”.
Evito di commentare, dicendogli solo che ne riparleremo fra qualche anno, quando casa sua sarà sommersa di sacchetti e rifiuti plastici.
Ma la cosa più triste di tutte sapete qual è?!
Che i bambini che hanno lavorato insieme a me sono talmente abituati a vedere sacchetti sparsi ovunque, che ho passato la prima ora a indicare col dito le cose da raccogliere. Un pezzo di plastica dura (per esempio un pezzo di secchio o di bouloir) è considerato rifiuto, ma il sacchetto nero impigliato fra i rovi o che svolazza a terra non lo è, è normale sia lì e quindi lì lo lasciano.
Domani si replica per continuare a pulire fino alla gendarmeria, questa volta solo coi bambini.





L'Associazione Zero Dintim, prima associazione ecologista di Niaogho e, probabilmente dell'intero Burkina Faso




Lo Iaar (incrocio) prima della pulizia...

... E dopo la pulizia









sabato 3 marzo 2012

W le associazioni

Nelle ultime settimane a Niaogho sono nate due nuove associazioni. Sono davvero orgogliosa di avere contribuito alla loro costituzione, poiché l’associazionismo è sinonimo di vitalità e di voglia di impegnarsi per un futuro migliore, è ciò che di più buono possa nascere in una società che si dica civile e dotata di coscienza critica.
E sono orgogliosa di entrambe, davvero.
Lu Yurè (che in lingua bissa significa ‘lo sviluppo della donna’) mi scalda il cuore: è una associazione di donne, ma di donne forti, combattive, animate da tanta testardaggine e  convinzione. Sono venute spontaneamente a cercarmi per propormi i loro progetti. Abbiamo già provato a fare la conserva di pomodoro, continueremo fra un paio di settimane con la marmellata di mango e ci stiamo organizzando per produrre il sapone al burro di karité (qui molto diffuso).
L’associazione “Zero Dintim” (Inquinamento Zero) è per me un vero successo: credo sia la prima associazione ambientalista della regione, se non dell’intero Burkina Faso. Con loro, e con tante altre associazioni, festeggeremo l’8 marzo pulendo il villaggio, o meglio, alcune aree del villaggio.
Ma non saranno solo donne ad occuparsi della raccolta dei rifiuti, poiché il messaggio che vogliamo passi è che ciascuno ha come proprio dovere civile quello di preservare l’ambiente in cui vive, unitamente al fatto che per lo sviluppo del paese è necessario che uomini e donne lavorino insieme nel rispetto reciproco.

Nel frattempo al cantiere del nuovo CSPS continuano i lavori: abbiamo messo il tetto alle casette degli infermieri e il muratore ha iniziato a montare porte e finestre. Piccoli passi (si fa per dire… perché sono molto costosi) verso il completamento del Centro.

mercoledì 15 febbraio 2012

Gente che viene e gente che va

Yaya avrà 20 anni, una moglie e una bimba di appena qualche mese. Quando arrivo qui a Niaogho, ha grandi progetti che coltiva con modestia ed entusiasmo: si sta preparando per aprire un chiosco. Niente di pretenzioso: quattro mura, tre panchine, la possibilità di servire nescafé, te, e in base alle disponibilità del giorno, riso o pasta. Ma la posizione è ottima, proprio sull’incrocio, dove fermano tutti i taxi brusse e dove c’è un po’ lo struscio serale (se così possiamo chiamarlo).
Yaya ha proprio la faccia da buono, e i suoi dolcissimi occhi ti comunicano voglia di fare per dare un futuro alla sua bimba e agli altri figli che probabilmente verranno.
Il chiosco apre, ma i prezzi sono imposti dal mercato, e il margine di guadagno davvero non c’è, nonostante abbia una buona clientela e gli amici passino spesso a trovarlo.
A gennaio mi dicono stia pensando di andare in Libia, poiché là sicuramente c’è lavoro: in diversi tentiamo di dissuaderlo, mettendogli davanti la realtà delle cose, ma a poco serve, poiché una mattina Yaya non lo si trova più. Il chiosco è chiuso e sua madre e sua moglie non sanno dove sia.
Chiamerà qualche giorno dopo: si trova in Niger, in un villaggio del nord. Ha finito tutti i soldi e lì non c’è modo di guadagnare qualcosa né per proseguire né per tornare. Non sa come fare, ma in testa il miraggio della Libia e del lavoro sicuro.
Moussa mi dice che succede spesso: chi parte all’avventura per un paese africano non avverte amici e parenti, ma accade così, che un giorno ti svegli e quella persona non si trova più. Se ne è andata senza salutare mogli, figli, genitori, amici. Partono e basta, senza bagaglio, con gli abiti che hanno addosso, pochi soldi in tasca e tanta speranza in un futuro migliore.

domenica 5 febbraio 2012

il Barbaracentrismo

Fare le donazioni ai villaggi più sperduti è un’esperienza unica: le persone ti restano nel cuore con i loro visi, i loro sorrisi, le mani che raccontano storie di duro lavoro e lotta per la sopravvivenza. Quelle mani di cui non puoi fare a meno di sentire il calore e la forza. Sono tutti eroi ai miei occhi e hanno una dignità che io personalmente, ma credo noi in generale popolo delle comodità, ci sogniamo. Ma hanno anche qualcosa in più… che non so come spiegarvi a parole… sanno abbracciare la terra e farsi tutt’uno con essa… I loro corpi esili non sfigurano di fianco agli imponenti tronchi dei baobab, poiché hanno la stessa forza e la stessa tenace determinazione.
Qualche giorno fa sono stata a Niaogho Peulh, la terra appunto dei Peulh, i pastori: è un’etnia dai tratti somatici differenti dalle genti degli altri villaggi, e anche i loro usi e le loro tradizioni si distinguono. In quanto pastori sono nomadi, e anche le loro abitazioni e loro corti sono diverse. Abas mi dice che soprattutto in passato - ora è una abitudine che si sta perdendo - ogniqualvolta avveniva un decesso fra i Peulh, i famigliari del defunto lasciavano la casa trasferendosi altrove, poiché la morte era considerata di cattivo auspicio. Mi spiega poi che anche i loro usi stanno cambiando, poiché fino a qualche tempo fa non utilizzavano capanne, preferendo dormire sotto le stelle, tranne ovviamente durante la stagione della pioggia, quando si rifugiavano sotto l’hangar. Ora invece hanno iniziato a costruire le ‘case’ (si chiamano proprio così) con terra secca e tetto di paglia. Non parlano bissa, ma moré e le donne soprattutto le riconosci subito poiché si ornano di perline, medaglie, pendagli di ogni fattura e forma come non se ne vedono in altri villaggi.
Le donne e i bambini Peulh non sono molto abituati ad incontrare persone diverse da loro, poiché poche sono le occasioni di scambio, quindi immaginatevi l’espressione dei bimbi (talvolta il pianto) al vedere una bianca tutta rossa (il sole mi fa questo effetto…), con occhiali neri e foulard multicolore in testa.
Quando mi sposto nei villaggi più lontani utilizzo questa specie di motoretta che vedete in foto: Abas guida (e devo dire che è un ottimo pilota e riesce a destreggiarsi abilmente fra le miriadi di buchi e ‘crateri’) e io resto dietro insieme al materiale, con le mani ben salde per evitare di cadere fuori soprattutto nei tratti in cui siamo obbligati a guadare i letti dei fiumi, ora completamente e desolatamente in secca.


Mercoledì scorso ci siamo avvicinati con la moto ad un accampamento peulh per fare appunto una donazione, ma abbiamo dovuto attendere qualche decina di minuti poiché alla nostra vista (e poi… diciamola tutta, il trabiccolo è un po’ rumoroso) tutte le donne e i bambini sono corsi via a gambe levate, impauriti da questo ‘mostro di ferro’. Per cui abbiamo dovuto lasciare il mezzo un po’ indietro e attendere che una ragazza ‘temeraria’ venisse verso di noi, incoraggiata dalle spiegazioni di Abas. 
Fra il materiale che doniamo, mettiamo anche delle bustine di sementi: pomodori, meloni, insalata, zucchine, peperoni…
Ieri Abas torna dalla moschea e mi dice ridendo che per poco non uccidevo tutti i peulh.
In breve, non sapendo cosa fossero quelle bustine colorate con disegni di verdura sul fronte, c’è chi ha utilizzato il contenuto per fare la salsa per la polenta, chi invece ha provato a fare il caffè, chi a fare il te.
In realtà non è successo nulla di grave: nessuno si è sentito male… Abas voleva solo ingigantire la cosa e prendermi in giro. Ma come al solito non ho usato la testa nella preparazione dei sacchetti, dando per scontato cose che non sono scontate.
Ancora una volta quindi ho dato prova di ‘Barbaracentrismo’.


martedì 31 gennaio 2012

La spina nel fianco

La spina nel fianco dei lavori al nuovo CSPS, oltre al muratore, è l’acqua.
L’acqua manca sempre, e per averla o chiedi ai ragazzini di fare col carretto e il mulo almeno 10 giri con 2 bidoni, oppure la ordini al commerciante del villaggio, che ha una piccola cisterna. Ma il carretto col mulo è spesse volte impegnato in brusse (nei campi), e la cisterna di Nourradine cola che è un piacere.
Fortuna vuole che lo stato stia risistemando il tratto di strada immediatamente precedente Niaogho, e che gli operai preposti al lavoro siano dotati di un camion cisterna.
Abas termina la trattativa e, dopo una settimana rispetto a quanto promesso (poiché il ‘padrone’ non doveva essere presente…), ieri alle 12e15 squilla il telefono: ci stanno portando l’acqua al cantiere!!!
Abas, che bello!!!! Per due settimane siamo a posto!!!
Cominciamo a riempire la piscina: cola da tutte le parti.
Nervi saldi, tentiamo con la seconda (è la più vecchia, quella utilizzata ai tempi della costruzione della maternità): sembra tenga un po’… speriamo bene… la riempiamo e riempiamo pure tre cisterne da 1000 litri che abbiamo portato col container.
Nel frattempo anche la seconda piscina inizia a colare… (e dopo 4 ore il livello si sarà già abbassato di 20 cm).
Abas sale sul camion per verificare quanta acqua è rimasta: più di metà cisterna… ma davvero non sappiamo dove metterla.
Il muratore ride… e io gli tirerei un mattone sui denti, e un altro dove dico io.
Io e Abas siamo scoraggiati… il camion se ne va.
Dopo 15 minuti 15, quando già ero in sella alla mia bici per tornarmene a casa, vedo un altro camion cisterna (seppur molto più piccolo del precedente) venire verso di noi: è l’acqua che avevamo chiesto almeno due settimane prima (di cui oramai avevamo perso traccia…).
Mai avuta così tanta acqua.
Quando si dice la beffa…

lunedì 23 gennaio 2012

Il Bene Comune

Ieri è stata proprio una bella domenica.
Ho chiesto la collaborazione dell’Associazione dei Giovani e di alcune squadre di calcio per pulire il terreno del nuovo CSPS dall’erba, da ciò che resta di un albero caduto, dalle macerie dei mattoni rotti…
Non mi aspettavo una grossa partecipazione, e in effetti alle 9,30 ero ancora sola al cantiere (l’appuntamento era per le 8). Ma poi gradualmente i giovani sono arrivati, e abbiamo iniziato il lavoro, in un clima festoso di collaborazione.
Ogni tanto il duro lavoro si è interrotto per dare la caccia alla prelibata ‘viande sauvage’ (una lepre, un riccio, un topolino selvatico), o per immortalare un grosso scorpione che aveva eletto a propria casa un mattone rotto lasciato a terra, o ancora per cacciare un serpente o convincere tutti a non bruciare l’erba accatastata, per evitare di impoverire il terreno.
Il clima è stato unico, e domenica prossima mi hanno detto che si ripeterà, questa volta con la partecipazione di tutti i villaggi (l’associazione dei giovani farà una comunicazione specifica per esortare tutti), e saranno presenti i musici tradizionali per scandire il lavoro con le chitarre e le percussioni.
La vittoria più grande? Non l’erba tagliata in mezzo cantiere. Non l’acqua portata alla piscina. Non la sabbia sistemata in un’unica montagna. Ma la sensazione che questi ragazzi abbiano davvero potuto sperimentare il significato di bene comune.
Mentre al termine della giornata ringraziavo tutti i presenti, un giovane mi ha interrotta per dirmi che è lui il padrone del terreno del CSPS e il responsabile dell’andamento dei lavori.
Jean Roger, il mio interprete dal bissa, non voleva tradurmi per l’imbarazzo, ma ho detto al ragazzo e a tutti coloro che mi stavano ascoltando, che lui aveva perfettamente ragione: ogni singolo niagholese deve sentire il nuovo CSPS come cosa sua personale, come casa sua. E in quanto tale, deve sentirsi responsabile dell’andamento delle cose.
Se tutti questi giovani hanno pulito il cantiere non è per me, non è per l’associazione ARNI, non è per la squadra di calcio: è per loro stessi, per la loro comunità.
Qui è molto difficile fare entrare questo concetto nelle menti delle persone: ciascuno è concentrato su se stesso e - come si dice qui - sulle proprie tasche; e non mi sento di dare un giudizio su questo, poiché non so come agirei io al loro posto (prima di giudicare una persona, bisognerebbe fare un po’ di strada nelle sue scarpe - diceva non ricordo chi). Penso però che se vorranno realmente cambiare le cose, questi ragazzi non potranno in alcun modo prescindere dal concetto di bene comune. Rinunciare a o comunque mettere in gioco qualcosa di sé - che sia tempo, strumentazione, un piccolissimo contributo in denaro (che so… 100 CFA) - in virtù di un obiettivo che sarà una conquista per tutta la comunità e non andrà ad arricchire se stessi in termini economici. Un obiettivo di cui magari non si vedrà neppure il raggiungimento, poiché alcuni risultati implicano tempi molto lunghi, ma che si è certi arriverà e si sarà fieri di essere stati protagonisti del cambiamento.









giovedì 19 gennaio 2012

Aria di cambiamento

Decisamente sì… qualcosa sta cambiando… ma forse sono io?!
Forse che sì, forse che no, forse che boh (come cantava Ivan Graziani).
Ad ogni modo ci sono segnali oggettivi: ho passato la mia ‘metà percorso’; l’aria è cambiata e si sente che il caldo è alle porte (no, 43 C° no!!!!!); Robert la prossima settimana rientra in Italia; il muratore sembra avere timore di me (alleluja!!!); ieri mi hanno ‘accusata’ di essere divenuta africana perché dopo ore di interminabili attese, sono arrivata con un ritardo di 5 minuti ad una riunione con l’associazione dei giovani (questa la definirei più che altro una rivoluzione).
Ora mi sembra di avere troppo poco tempo per fare tutto, ma rispedisco al mittente questa ansia tutta occidentale così familiare all’altra Me: quello che si riuscirà a fare sarà esattamente ciò che doveva essere fatto.

Dedicata all'amica che mi chiedeva dei tramonti... nell'impossibilità di allegare suoni, profumi e sorrisi.

venerdì 13 gennaio 2012

Polenta di farina di miglio con salsa alle foglie verdi di osei (altrimenti detta "il piatto per la suocera")

E oggi (si fa per dire… l’esperimento risale a prima di Natale) si cucina un piatto tradizionale della cucina burkinabé: polenta di farina di mais con salsa alle foglie verdi di osei.
Capo chef: Alima
Aiuto cuoco: la sottoscritta

Ingredienti per 4 persone:
foglie verdi di osei (una sorta di spinacio)


una pallina di sumbalà (da quel che ho capito è un frutto, ma dal vero sembra esattamente ciò che state pensando... e all'idea di doverlo utilizzare per la salsa... )


pomodori rossi
cipollotti freschi

un sacchettino di pesce secco
1 dado maggi
Olio
Farina di mais

Pulire e tagliare le foglie di osei
Tagliare i cipolotti, sminuzzandone anche le foglie.
Pestare nel mortaio e ridurre in polvere il pesce essiccato e il sumbalà.
Nel frattempo bollire in acqua non salata le foglie di osei per 12 minuti, scolarle e strizzarle.
Mettere a soffriggere per circa 10 minuti la cipolla con i pomodori tagliati, e aggiungere poi 2 bicchieri d'acqua, 1 cucchiaio e mezzo di pesce in polvere e 1 cucchiaio colmo di sumbalà in polvere.
Lasciare cuocere per altri 10 minuti e aggiungere le foglie di osei, metà dado maggi, 2 pizzichi di sale.
Lasciare bollire.

Per fare la polenta (To) non mi sono scritta la ricetta, perché mi sembrava un po' complicato (seguono un procedimento un po' macchinoso), ma vi lascio le foto della pentola e di un momento della cottura.

























E buon appetito!!!!


















P.S. L'aiuto cuoca non si assume la responsabilità per eventuali problemi intestinali di chi volesse provare a fare a casa sua il piatto sopra descritto.

Inizio d'anno

Ci sono giorni in cui vedi tutto nero, in cui ti alzi la mattina già arrabbiata col mondo, e ciò che vorresti fare è chiuderti in casa e non incontrare nessuno poiché sai già che non farebbe altro che peggiorare la situazione.
Ci sono giorni in cui vorresti startene proprio nel letto, perché sai che alzarsi significa iniziare ad affrontare tutte difficoltà, quelle difficoltà che magari non avresti pensato di dover risolvere qui.
L’anno è iniziato così.
Problemi, delusioni, incomprensioni, discussioni etc… etc…
Perché sto scoprendo l’altro volto del villaggio e dei niagholesi, naturale e logico a ben pensare, ma sempre un po’ difficile da gestire e ‘ingoiare’.
Perché ti accorgi che quando si tratta di cose importanti, la tua voce e il tuo pensiero, essendo tu donna, passano inascoltati. È più forte di loro.
Perché aiutare in Africa non è per nulla semplice.
Partiamo da un presupposto: in realtà io qui sto aiutando solo me stessa. Questi sei mesi sono un tratto di un percorso di ricerca e mi sembra di esserne la principale beneficiaria. Quindi non ho come obiettivo di aiutare o cambiare il mondo.
Ma quando parti dall’Italia lo fai ‘armato’ di grandi speranze, e soprattutto di entusiasmo e voglia di fare. Ci credi veramente che magari il mondo non lo cambi, ma almeno riuscirai a migliorare la vita di una persona. Poi piano piano vedi tutto scemare… vedi che l’entusiasmo è solo tuo, che per fare una cosa apparentemente banale serve tempo, molto molto tempo… ma soprattutto… vedi che forse poi i niagholesi non hanno questa urgenza di migliorare la propria vita.
Ma poi… chi sono io per dire che la loro vita debba essere ‘migliorata’?!

martedì 3 gennaio 2012

Cronistoria di un container

Gli ultimi giorni dell’anno sono stati frenetici, ma anche densi di soddisfazione.
La mattina del 27 dicembre abbiamo saputo che il nostro container era arrivato a Ouaga, per cui io e Abas in fretta e furia abbiamo messo due cose nello zaino e preso il primo taxi brusse disponibile. Destinazione: la capitale.
Sono seguiti tre giorni intensi: abbiamo girato come trottole fra dogane (ce ne sono diverse) e stazione alla ricerca di uffici, fatto mille chiamate per contrattare i costi del camion, ritornati sui nostri passi alla ricerca di documenti mancanti… ma giovedì 29 dicembre, a notte fonda… il container è arrivato a Niaogho. E sebbene io fossi letteralmente distrutta dai tre giorni precedenti e dal viaggio, sebbene non avessi più un briciolo di energia da spendere - neppure uno -, ero felice per avere portato a destinazione tutto il materiale raccolto in questi anni.
Il container è stato scaricato venerdì 30: abbiamo iniziato alle 6e30 del mattino per terminare, grazie ad un folto gruppo di volenterosi, alle 11.
Il materiale è davvero tanto: una parte è già al nuovo CSPS - letti, carrozzine, tavoli operatori, attrezzature varie, materassi… - , la restante la stiamo sistemando in casa, e sarà utilizzata per i vari progetti e donazioni.
Vi lascio alcune immagini, per rendervi partecipi dell’evento J… ma dopo le foto… non dimenticate di leggere i ringraziamenti.








Ringraziamenti:
Sono tantissime le persone che vorrei ringraziare ad uno ad uno: cercherò di ‘compattare’ per questioni di spazio ed… ebbene sì… anche di memoria… sapete com’è, l’età avanza….
Prima di tutto vorrei ringraziare (e visto che è qui di fianco a me lo abbraccio pure) Caporale (Robert), senza il quale il container non sarebbe partito, e neppure arrivato: è lui che - insieme alla sua squadra - ha caricato tutto, mi ha dato le dritte per la documentazione e per la gestione del ritiro, è lui che in questi anni ha raccolto tantissimo materiale (direi il 99%). E con lui ringrazio i ragazzi che hanno preso un giorno di ferie per aiutarlo a caricare il container a Manerbio: Silvano e il suo aiutante, Lupo, Tullio, Rossana, il grande capo Francesco, Lorenzo, Franco, Beppe e Siro etc...
Grazie all’Associazione Mamma-Africa e a tutti i suoi associati, con i quali è sempre bello collaborare - segno che quando gli obiettivi sono condivisi, le distanze e le difficoltà sono superabili.
Grazie all’Associazione Volo.Insieme onlus di San Mauro Pascoli, che da diversi anni sostiene e insegue con noi questo sogno, fatto di problemi, ma anche di soddisfazioni.
Grazie a tutti coloro che a Manerbio, come a Cesena, hanno donato il materiale, rimanendo ‘dietro le quinte’, ma in realtà andando ad arricchire e anzi, dando un ‘cuore’ a questo container.
Grazie alla comunità di Madonna del Fuoco (Cesena) per il continuo sostegno e all’Associazione Vivere il Tempo per la fiducia e per essere quel che è (siete grandi!!).
Grazie a Laura (la nostra spedizioniera di fiducia) e a Natascia per la logistica.
Un enorme grazie a Mustapha Guebre (un vero gentlemen in terra d’Africa), Madame Sinka e al sindaco di Niaogho.
Grazie ad Abas Compaore per essersi dato così tanto da fare.
Grazie a tutti coloro che hanno scaricato il container: Frederick, Amidou, Jean-Roger, Ibrha, Moussa, il guardiano e la moglie, Issouf e tanti altri di cui non conosco il nome…
L'ultimo grazie è del tutto personale e lo voglio dedicare a Ida, Danilo, Michela, Lele, Gianni, Chiara, Emma, Graziella. Senza dimenticare i miei angeli custodi Biagio e Maria, che di questo sogno hanno visto i primi passi.
Grazie a tutti…